Troppe donne - Rex Stout


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Raimondo Mele
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MessaggioInviato: Mar Ott 18, 2005 8:34 am    Oggetto: Troppe donne - Rex Stout   

Troppe donne - ("Too many women" - Rex Stout - 1947)
Un cliente insistente anela a ottenere i servizi di Nero Wolfe per scoprire se è vero che c’è del marcio nella compagnia che dirige. Temendo ci sia stato un omicidio arriva a lanciare l’idea di infiltrarlo all’ interno ( espressione improbabile se riferita al mastodontico genio) e assumerlo come impiegato nel reparto merci… dimostrando così di essere totalmente ignaro di chi sia il soggetto con cui ha a che fare. La proposta viene accolta da N.W. con due varianti: ovviamente sarà Goodwin a insinuarsi sotto mentite spoglie, mentre per il tipo di impiego viene scelta una figura di consulente esperto del personale, con retribuzione di 200 dollari a settimana.
Questo è l’incipit di “Troppe donne” ( “Too many women” – 1947 ) un romanzo il cui titolo trova pieno riscontro nelle numerose e incisive presenze femminili che lo popolano.
Ne sa qualcosa il nostro Goodwin che frequentando il suo nuovo lavoro si trova ad essere ben presto attorniato da una fauna muliebre costituita da segretarie impenetrabili, impiegate dagli angelici occhioni azzurri, archiviste intraprendenti che sembrano avere tanto da raccontargli e perfino dalla generosa moglie del presidente che si offre di aiutarlo ad aprire un ufficio proprio e a mollare Wolfe.
Il nostro non è certo un santo ma, dal momento che ci sono in ballo due delitti, non ammette distrazioni. Si lancia sulla pista come un mastino e arriva fino in fondo. Nella vecchia casa di arenaria lungo la 35esima Ovest, sprofondato nella sua poltrona a bere birra e a riflettere c’è la mente poderosa che ben conosciamo, a cui Archie, come sempre, presta occhi e orecchie fornendogli, su richiesta, a domicilio il materiale umano da studiare per sbrogliare il caso.
Fritz fa solo una breve apparizione e per questa volta non ci delizia con le sue invenzioni gastronomiche, mentre di Theodore e della serra si avverte solo un leggero sentore. Il fidato Saul Panzer fa come sempre la sua parte e la fa da professionista anche quando, insolitamente, subisce uno smacco, mentre Goodwin dimostra ancora una volta di essere in ottima forma fisica anche nel fronteggiare un marito sospettoso e infuriato.
Il caso si rivela più complicato del solito, al punto che Wolfe, in un raro momento di umanità, confessa di temere di trovarsi di fronte un avversario più astuto di lui. Ma si sa: questo non è possibile, ed infatti la tenacia e l’ intelligenza del genio non mancano neanche questa volta di avere l’ ultima parola.
Scritto 13 anni dopo l’esordio de “La traccia del serpente” (1934), da un Rex Stout già 61enne, questo è il decimo romanzo della saga wolfiana. Oltre alla solita qualità cui l’ Autore ci ha abituato, anche un godibilissimo spaccato del microcosmo aziendale di quegli anni.

Raimondo Mele
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